Il termine “onda coreana”, conosciuta anche come Hallyu (한류) o Korean Wave, indica il recente fenomeno che vede il considerevole aumento di interesse da parte del resto del mondo verso i prodotti culturali e di intrattenimento sudcoreani. Iniziata negli anni Novanta in Asia e più di recente nel resto del mondo, l’onda coreana ha portato alla Corea del Sud grossi cambiamenti, soprattutto in ambito economico e di immagine.
Il primo a parlare di onda coreana è stato nel 1999 un giornalista cinese che, coniando il termine Hallyu, ha voluto definire il fenomeno che dalla Corea, come un’onda vera e propria, si apprestava a travolgere l’industria dell’intrattenimento internazionale. Vediamo insieme in questo articolo com’è nato.
I drama, ovvero le serie tv coreane
A determinare il considerevole aumento di interesse verso i prodotti culturali coreani sono stati soprattutto i drama. In particolare, il drama Winter Sonata del 2002 ha avuto un successo pazzesco nel resto dell’Asia, provocando anche un crescente interesse turistico per Nami-som, un’isoletta a est di Seoul in cui il drama è stato girato. Da lì, l’interesse per i drama è cresciuto sempre di più fino ad arrivare anche in Occidente, dove l’espansione del fenomeno è stata alimentata in parte dai fansubber, che hanno permesso la circolazione di prodotti che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti.
Nonostante la fruizione dei drama resti principalmente possibile solo attraverso piattaforme online, ci sono stati anche casi di drama tradotti e passati nelle televisioni italiane. Uno di questi è il drama Dream High, che nel 2013 è stato doppiato e trasmesso in italiano. Inoltre ultimamente, grazie anche alla piattaforma Netflix, è possibile fruire di un ampio catalogo in continuo aggiornamento di drama coreani sottotitolati. Leggi anche il nostro articolo sulle parole più usate nei drama coreani.
Il K-pop, ovvero il pop coreano
La musica è sicuramente ciò che ha permesso all’onda coreana di andare più lontano. Il pop coreano, nonostante preveda un target principalmente adolescenziale, è in realtà molto seguito all’estero anche da un pubblico più maturo e solitamente femminile. Si distingue dalla musica degli altri stati per le sue boyband e girlband dagli abiti estrosi, i capelli spesso di colore acceso e le coreografie particolari, tanto che in Corea esistono vere e proprie accademie di danza dedicate.
Tra le boyband più famose non possiamo non citare i BTS e gli EXO, mentre tra le girlband segnaliamo le Blackpink, dal sound più deciso, e le Twice, dal sound più “cute style”. Queste band sono così seguite che organizzano spesso concerti anche all’estero.
Il cinema coreano
L’interesse per il cinema coreano all’estero non è una novità del 2020. Nonostante esista da molto tempo, il cinema coreano ha iniziato ad attirare l’attenzione del pubblico internazionale negli anni Novanta. Oltre ai film più artistici come Pietà (vincitore del Leone d’Oro nel 2012) e Ferro 3 (vincitore del Leone d’Argento nel 2004) del regista Kim Kiduk, troviamo anche film più leggeri e alla portata di tutti, tra cui segnaliamo il recente Train To Busan, tradotto e trasmesso anche dalle televisioni italiane.
Non possiamo infine non citare il recente successo Parasite di Bong Joonho, vincitore prima della Palma d’Oro al Festival di Cannes e in seguito di ben quattro premi Oscar. Sicuramente quest’ultimo successo non rimarrà nell’ombra e permetterà all’industria culturale coreana di espandersi e farsi conoscere sempre di più in tutto il mondo.
I vantaggi per la Corea
Drama, musica e cinema sono i maggiori rappresentanti dell’onda coreana, ma non dimentichiamo anche i videogiochi RPG e i prodotti elettronici di lusso come Samsung e LG.
Tutto questo interesse per l’industria dell’intrattenimento coreana non ha fatto che portare vantaggi al Paese. Prima di tutto, grazie all’onda coreana, la Corea ha potuto farsi conoscere anche in Occidente, dove inizialmente era oscurata dall’ombra dei vicini Cina e Giappone, ben più famosi. Tutto ciò le ha inoltre permesso di crescere economicamente e di poter esercitare una sorta di “soft-power”, di farsi cioè conoscere e imporsi non attraverso l’uso della forza, ma attraverso la veicolazione della propria immagine.
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